Malaysia (ricordi di un vecchio viaggio)

Questo fine settimana mi sono venute a trovare due amiche con cui ho condiviso un paio di bellissime settimane in Malaysia qualche anno fa. è stata l’occasione per ricordare aneddoti di cui singolarmente non ricordavamo quasi più, ma insieme siamo invece riusciti a ricostruire quasi tutto il viaggio. Questo è quello che ne è uscito.

Era più o meno aprile quando una mia amica di Treviso mi ha chiamato per dire “ho trovato il posto dove andare in vacanza questa estate. Ho appena visto un filmato sulla Malaysia e sembra sia un posto strepitoso!”. “Malesia? quella della tigre? di quel Sandokan di Emilio Salgari che avevano ispirato fantasticherie da piccolo?

Già, proprio quella Malesia (o Malaysia).

Si inizia subito l’organizzazione per la partenza di luglio. Il volo che c’era sembrato migliore era quello di Emirates per Singapore e da lì alla scoperta della vicina Malesia. Il volo ha uno scalo lungo a Dubai, praticamente dalle 21 alle 5-6 del mattino, e dato che era la prima volta che sbarcavamo negli Emirati Arabi, ne abbiamo approfittato per prenderci un taxi e farci girare un po’ per la città di notte. Quando usciamo dall’aeroporto è già tardi, buio, ma la temperatura estiva è ancora attorno ai 30°C. Impossibile girare all’aperto a piedi, quindi ci facciamo portare nelle vicinanze di qualche “must” per delle doto al volo, prima il mitico burj khalifa (il grattacielo di oltre 800 metri), poi il celebre Burj al Arab (il grattacielo a forma di vela), quindi in direzione della Marina di Dubai, dove si facciamo lasciare davanti al Buddha bar. Qua abbiamo un problema, a me non fanno entrare perché ho i bermuda!

Che fare? Apparentemente niente…fino a che una mia amica ha la genialata “Ho un paio di leggins in borsa!” Stravolto dal caldo umido, non ci penso un attimo, abbandono ogni pudore, mi spoglio in mezzo alla strada (entrare in bermuda no, ma restare in mutande davanti all’ingresso si, me lo consentono…) e mi inguaino nei pantaloni aderentissimi di 4 taglie di meno di quella che ho…SENZA VERGOGNA faccio finalmente il mio ingresso trionfale come un novello Nureyev al Buddha bar, davanti ai buttafuori finalmente soddisfatti.

L’interno è carino, con una mega statua dorata di Buddha e, con la mia discretissima mise più adatta al gay pride, giro pure tranquillo per il locale… Quando alle 2a.m. il bar chiude, proviamo a fare un giretto a piedi, ma a quell’ora non c’era niente o quasi aperto e sopratutto la temperatura è ancora infernale, quindi ci avviciniamo ad un taxi dove dentro stava dormendo l’autista, lo svegliamo e ci facciamo riportare in aeroporto.

Arrivo a Singapore

Dopo qualche ora di dormiveglia sulle chaise-longue dell’aeroporto, ci si rimette in volo e arriviamo a Singapore verso l’ora di cena. Con una città a 6° di latitudine, quindi praticamente sull’equatore, il caldo e l’umidità non mancano mai…e ovviamente neanche quella sera. In taxi arriviamo nello squallido hotel prenotato nella zona a luci rosse e il primo impatto è la potente puzza di umidità. Le finestre “blindate” impediscono il ricambio d’aria e comunque fuori è umido come dentro. L’unica, accendere a palla l’aria condizionata e uscire a mangiare qualcosa. Per strada qualche macchina si avvicina “curiosa” alla mia amica con la minigonna (nel quartiere a luci rosse è sicuramente la scelta d’abbigliamento più azzeccata…per fortuna però nessuno è molesto), non ci allontaniamo troppo dato che, per la stanchezza della giornata, torneremo quanto prima in hotel per qualche ora di sonno.

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Primi giorni, fino a Kuala Lumpur

La mattina successiva, la sveglia arriva presto e dobbiamo spostarci verso il confine malese in taxi. C’è da attraversare la Causeway, ovvero la strada sopraelevata che attraversa lo stretto braccio di mare tra l’isola (Singapore) e la prima città in terra malese (Johor Baru), dove dovremmo trovare l’auto prenotata via internet per il tour della Malaysia. Come a volte succede, noi abbiamo prenotato un mezzo piccolo ed economico, la fortuna ha fatto sì che non fosse disponibile e che ci venisse dato, per la stessa cifra, un pullmino da 9 posti (noi eravamo in 4). Bellissimo! Con cambio automatico! L’unica difficoltà è che in Malesia si guida sul lato opposto rispetto all’Italia e che la ripresa del pullmino è praticamente nulla. Ti metti nella corsia di sorpasso (che in questo caso è quella di destra) e stai praticamente 5 secondi fermo in attesa che il pesante mezzo prenda velocità, poi in progressione (lenta) fa anche il suo lavoro e sorpassa, ma ogni volta un rischio…

Prima tappa, la vicina Malacca, città coloniale portoghese a poco più di 200 km da Johor Baru, a circa metà strada tra la città di partenza è la capitale, Kuala Lumpur.

Malacca è molto carina, ma servirebbe il tempo che non abbiamo per visitarla bene. Quindi parcheggiamo in zona centrale e possiamo concederci solo un paio d’ore a piedi tra i negozietti e le costruzioni vicine al Malacca River, prossimo al centro dove sono concentrate la maggior parte delle attrazioni turistiche.

Alla ripartenza il primo inconveniente: il nostro “Ayrton Senna”, esce dal parcheggio stringendo un pò troppo la curva e “arrotonda”  un pò il dietro di un’altra auto parcheggiata…sarebbe stato il caso di fermarsi o lasciare o bigliettino? ma no, in fondo siamo in un paese musulmano, se ci beccano al più ci taglieranno una mano…e quindi proseguiamo senza troppi pensieri. Non potevamo perdere troppo tempo a cercare il proprietario dell’altra auto (che comunque non aveva subito un danno clamoroso), ci aspetta Kuala Lumpur prima di sera, dove avevamo già prenotato dall’Italia la cena nel ristorante girevole della torre delle telecomunicazioni (Menara Tower). Siamo gasatissimi all’idea di cenare a 300 metri d’altezza…purtroppo però l’intricato sistema di autostrade attorno alla capitale ci farà perdere un sacco di tempo e non arriveremo in tempo per la cena. Il navigatore ha segnalato tutti gli svincoli in ritardo e addirittura inesistenti (“girare a destra, girare a destra” e a destra avevamo un muro lungo 2 chilometri…e similari), è ci ha costretti ad allungare non poco a cause dei numerosi errori…

Va be’, saltata la cena panoramica, ci buttiamo comunque nella zona del Bukit Bintang, piena di ristoranti. Prima sera in un ristorante giapponese, e subito dopo, in una discoteca sulla via del ritorno dove rimaniamo fino a tardi.

Arrivati in hotel, penso che già oltre 2 giorni che sono in giro e comincio a preoccuparmi del problema principale dei primi giorni di vacanza, andare in bagno. Come succede a molti, cambiare ambiente e condividere spazi, altera i tempi dei bisogni…a me di più. Più che alterarli, li blocca (a volte anche oltre la settimana..). Quindi conoscendo il problema chiedo aiuto ad una amica se ha qualcosa per “stimolare”, lei mi consiglia alcune pastiglie di erbe che ha con se. “quante ne devo prendere?” chiedo io. “Mah, 3 o 4” risponde lei. Vada per 4!!! ….non l’avessi mai fatto!!!

La seconda giornata è dedicata alla “scalata” in ascensore della torre dove non eravamo andati la sera prima, è piuttosto vicino all’hotel e quindi ci andiamo a piedi. Il panorama dall’alto è mozzafiato, giornata limpida, si domina tutta la città a perdita d’occhio. Non so se di sera sarebbe stata la stessa cosa, ma di giorno mi è piaciuta l’esperienza. All’uscita fa così caldo che mi prendo una bottiglia di limonata ghiacciata. Poi salgo su un pulmino che mi riporta in centro. La bibita gelata e l’aria polare del pullmino mi arriva come un pugno allo stomaco…e probabilmente rende efficaci le 4 pillole del giorno prima. Sto per morire, devo trovare un bagno!!!! Aiuto, dove trovarlo? Entro in ogni locale che sembra abbia un bagno, ma senza fortuna….sto morendo quando finalmente mi trovo davanti ad un centro commerciale con un McDonalds all’interno. Per fortuna c’è anche un bagno. Sono salvo per il momento!

Le 4 pillole mi hanno devastato e continueranno a produrre dolori assurdi per tutta la giornata. Quando chiedo alla mia amica che diavoleria mi abbia dato, lei risponde candidamente “sono di erbe, ma quante ne hai prese?”, “4, no? come mi avevi detto”…

“Macchè”, risponde lei, “io ne prendo 1, massimo 2”. Beh, non so se era in buona fede o m’ha voluto tirare uno scherzo del cazzo, ma l’avrei voluta ammazzare!!!!! (lei ovviamente ha riso per giorni, e forse da sadica, ride ancora…:-)).

La giornata continua con le visite, tra cui chinatown (dove un finanziere malese presidia le bancarelle stracolme di merce contraffatta…), e alcuni templi e mercati, quindi, quando il caldo si fa più opprimente ci buttiamo in un centro massaggi con doppio trattamento: massaggio vero e proprio al corpo e fish-spa ai piedi. Era la prima volta che lo facevo, e vedere i pesciolini che una volta avevo nel mio acquario e che contribuivano a tenerlo pulito ora mi “rovistano” tra le dita alla ricerca affannata di cellule morte o prossime ad esserlo, mi provoca un certo divertimento! Ancora più divertente la scena con i miei piedi completamente avvolti in una nuvola nera di pesci e quelli del mio vicino di panca assolutamente lasciati a se stessi, senza alcun interessa da parte dei pescetti…(non si pensi che i miei erano più sporchi e quindi più “appetibili”; prima di entrare nelle vasche gli addetti del centro massaggio hanno provveduto ad una pulizia generale delle nostre parti basse…).

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Ceniamo in una bancarella fumosa alle spalle dell’hotel e poi ci lanciamo alla scoperta di un altro must di Kuala Lumpur (e di gran parte dell’Asia) gli sky-bar! In taxi arriviamo nell’hotel di lusso che ospita uno stratosferico bar nei piani alti. Non siamo il top dell’eleganza, ma una sistemata ce la siamo data…io addirittura pantaloni lunghi bianchi (con il caldo, in genere indosso bermuda 25 ore al giorno…) e camicia (altro pezzo bandito o quasi dal bagaglio da vacanza…). Entriamo in un mondo che ti lascia a bocca aperta: una piscina all’ultimo piano dell’hotel con attorno tavoli, divanetti, e soprattutto vetrate sopra e attorno…e ancora di più, di fronte la vista da incanto delle Twin Towers illuminate di sera! un vero spettacolo, uno degli Sky bar più belli visti, di pari livello a quello del Lebua Hotel di Bangkok o dello Swiss Hotel e del Marina Sands bay entrambi a Singapore. Prendiamo diversi cocktail, considerato che, per quanto costosi per essere in Asia, costano +/- come quelli in Italia, ma in un posto da favola… Tra musica, panorama, foto, divertimento, la serata scorre veloce e arriva l’ora di tornare in hotel (dove scopriremo che al primo piano, era ubicato uno dei più famosi centri massaggi “hot” da “totalbody” o “body-to-body” di Kuala Lumpur…)

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La foresta “incantata”

Il giorno successivo, di mattina presto, ma non troppo, ci rimettiamo in moto per raggiungere il Taman Negara, un parco naturale che rappresenta la vera giungla malese. Un posto dove, per la particolare stabilità dell’area (no vulcani, no terremoti), la zona non ha subito molte mutazioni negli ultimi 270 milioni d’anni, rappresentando di fatto la foresta più antica del mondo. Oddio, proprio intatta non è rimasta, dato che a causa della richiesta di olio di palma degli anni passati, tanta parte della foresta è stata distrutta per far posto alle coltivazioni. Ora l’olio di palma è stato bandito dall’uso alimentare peggio del diavolo (io devo dire che ne sento la mancanza, i miei biscotti preferiti, senza olio di palma non sono più gli stessi, sono diventati “polverosi”, pessima cosa…W L’OLIO DI PALMA!!!!). Comunque, una volta superate le piantagioni che si incontrano sulla strada da Kuala Lumpur al Taman Negara, ci si imbatte in una fittissima vegetazione, interrotta solo dall’unica strada della zona. L’ingresso vero e proprio del parco si raggiune o via strada (perdendo tutto il fascino) o con ben 4 ore di risalita lenta di un fiume in barchette lunghe una decina di metri e larghe circa 1-1,5, dove stiamo seduti/straiati uno davanti all’altro. Il fiume d’estate raramente risulta profondo più di un metro, quindi avanziamo tranquilli con la lunga barca con il fondo piatto, ma a volte l’acqua è così bassa che i ragazzini che la conducono, ci costringono a scendere in acqua a spingere per superare le secche di sabbia.

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Dopo 4 sonnecchianti ore, raggiungiamo il molo del paesino che rappresenta la porta di ingresso del parco. Già il clima malese è umido, in mezzo alla giungla si respira acqua…Troviamo sul posto un paio di stanze in un alberghetto (porte del bagno stile saloon che coprono solo metà del corpo quando si è in bagno e sopratutto scarico del lavandino che da un tubo che riversa acqua direttamente sui piedi…insomma una schifezza. Sui letti troviamo stesi più gatti che cuscini, ma non importa). Cenetta sulle chiatte-ristorante ormeggiate lungo gli argini del fiume, poi, più tardi, ci uniamo ad un safari a piedi nel parco. Attraversiamo il fiume e entriamo nel parco, le guide che ci guidano, ci dicono di stare attenti agli animali…tutti muniti di torce avanziamo nel buio della foresta…e chi troviamo???

Niente, il niente più assoluto!!! L’unica forma di vita oltre noi sono delle formiche giganti e, davanti ad una specie di belvedere, una specie di cerbiatti che non sapremo mai se fossero stati vivi o finti, tanto immobili sono rimasti per tutto il tempo di osservazione da lontano…

La mattina dopo decidiamo di visitare il parco da soli. Per non rischiare di rimanere in mezzo alla giungla per sempre, non ci allontaniamo dai percorsi segnati, e arriviamo fino ad una delle attrazioni della zona: il “canopy walk”, ponte tibetano tra gli alberi, a circa 40 metri di altezza, dichiarato come uno dei più lunghi al mondo…

Non sono proprio un temerario, specie per queste cose “inutili” ma il caldo afoso e appiccicoso del sotto-foresta mi induce a provare l’aria in “quota”. Così salgo. La struttura traballante non mi da ovviamente sicurezza, sotto vedo a malapena il terreno, 40 metri sono tanti su una passerella  traballante larga poche decine di centimetri…e, come non bastasse, con una mia amica sadica si mette a saltellare (potrei uccidere per molto meno in queste circostanze..;-)) ad un certo punto c’è pure un salto di quota, si scende da una passerella all’altra attraverso una scaletta sospesa…TERRORE!!!!!

comunque arrivo gloriosamente alla fine, meno entusiasta e convinto dei bambini che mi hanno preceduto e seguito, ma dignitosamente alla fine. E’ ora di tornare in hotel, prendere i bagagli, pranzare velocemente e rimettersi in barca per le 4 ore di rientro al parcheggio in una delle anse del fiume. Esperienza breve, ma intensa al Tagan Negara, solo l’umidità mi ha un po’ devastato, ma ci tornerei.

Il tempo di cambiarci al volo e subito in macchina verso nord-est, verso la costa attraversando il Paese, fino a Kuala Besut, punto di imbarco del traghetto per le isole Perhentian. Per strada diluvia per quasi tutto il tempo, mai vista tanta acqua…non si vede quasi oltre il finestrino, questo ci rallenta molto e arriviamo a Kuala Besut molto tardi, quasi mezzanotte… Non avevamo prenotato niente sperando di poter scegliere qualcosa vedendolo prima, ma quando arriviamo è tutto buio. Quando proviamo a scendere tra il diluvio, troviamo solo gente assonnata in reception di hotel di quart’ordine che di dicono che non hanno posto…Siamo disperati e cominciamo a pensare che dovremmo dormire nel pullmino (dove comunque ci sarebbe posto, dato che siamo in 4 in un mezzo da 9 con 3 file di sedili…, ma vorremmo evitare). Quando ormai ci vediamo persi, il miracolo, qualcuno ci bussa dal vetro e, non so come abbia fatto a saperlo, ci chiede se stavamo cercando un posto per dormire!

Ci anticipa che non sarebbe stato di lusso, ma non importa, l’alternativa dell’auto era peggio. Arriviamo praticamente a casa di un cinese che affitta anche camere. Ne prendiamo 2, una con la finestra che da direttamente sul corridoio e la doccia costituita da un tubo sopra il water, l’altra camera invece che il bagno non ce l’ha proprio. Al limite della decenza, ma dal costo irrisorio, mi sembra di ricordare qualcosa come 5$ a testa, compresa la colazione dell’indomani.

Colazione comunque, e ovviamente, dello stesso standard dell’hotel, ma non è importante, pensiamo infatti che a breve saremo sul molo di Kuala Besut diretti alle Perhentian, posto che in lingua locale sembra voglia significare “il luogo dove stare”!

Le isole Perhentian

Dopo la colazione davanti ad un bagno della bettola cinese del nord della malasya, di primissima mattina ci dirigiamo con il nostro pullmino al porto. Da lì lasciamo la macchina in un parcheggio custodito per i giorni che saremo sulle isole e ci facciamo portare in motorino (in uno, io più il pilota, in un altro in 3 + il guidatore) fino al molo di imbarco. Le isole non sono lontanissime dalle costa e si raggiungono in motoscafi veloci, forse troppo. Ci fanno indossare a tutti i giubbotti salvagente e via, sul mare tranquillo, ma non proprio piatto…ogni piccola onda è un salto e una botta a schiena e collo, ma sembra divertente! In fondo il tragitto non dura tanto, circa 30-40 minuti. Il vero problema è all’arrivo. Le barche ci hanno fatto scendere in acqua, non sulla riva. E’ vero che l’acqua è abbastanza bassa, ma meno di quello che la trasparenza lasciava pensare, quindi quando una mia amica scende con lo zaino in spalla e si trova l’acqua fino alla vita, perde l’equilibrio e rischia di finire sott’acqua con tutto il suo bagaglio…solo la prontezza di qualcuno di noi e la sua forza sulle gambe le impedisce di ribaltarsi e di anticipare il meritato bagno!!

Fa infatti caldissimo, l’acqua è stupenda e non resistiamo molto. Prima ancora di cercarci una sistemazione dell’isola principale  (Palau Besar, di fronte alla più piccola Palau Kecil), ci gettiamo in un mare di un azzurro incredibile. E’ veramente un posto da favola. Mare, vegetazione rigogliosa, sabbia, musica, cocktail…tutto quello che serve per una vacanza perfetta (purtroppo abbiamo solo due giorni prima di tornare sulla terraferma e continuare il giro verso sud). Dopo il bagno e il primo cocktail, iniziamo la ricerca del posto dove dormire…sembrava facile, non era neanche alta stagione, invece l’impresa comincia a diventare proibitiva…tutti i posti carini ed economici sono pieni!

Passiamo quindi a quelli economici e meno carini…non c’è praticamente niente neanche in questa fascia, solo una camera qua e una là, ma non nella stessa struttura… Il passo successivo è quella del posto carino e poco economico. Qua ovviamente c’è più disponibilità, ma sono quasi tutti dalla parte opposta dell’isola rispetto alla spiaggia principale e, soprattutto per arrivarci si deve attraversare la giungla, un tratto lungo in salita, poi la ripida discesa e infine si è dall’altra parte. Qua troviamo dei bungalow bellissimi, lusso estremo rispetto alla catapecchia cinese della sera prima! e comunque a 10-15 minuti a piedi dalla zona dei locali (localizzati quasi tutti nella spiaggia principale d’arrivo).

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Giornata di mare goduriosa, ma la serata è ancora meglio. Cena sulla spiaggia, ristoranti pienissimi di gente e quando termina la cena, tutta la spiaggia diventa una festa. Si balla per ore, si suda come non mai, ma ci si diverte un mondo.

A tarda notte, sfiniti e sudatissimi, l’idea del bagno notturno. Non abbiamo il costume, ma che ci frega…”bagno nudi!!!”. Così lasciamo tutti i nostri vestiti e le chiavi delle camere su una barca ormeggiata sulla spiaggia e via…nuotate, giochi, scherzi, ecc…

quando pensiamo di tornare indietro, mi avvicino alla barca e non trovo più i vestiti…AAAAHHHHH!!! E adesso? Non riesco quasi a pensare di dover attraversare la giungla nudo (con le iguane/piccoli varani che ci gironzolano…), arrivare alla reception con una mano davanti e una dietro, mezzo ubriaco (forse mezzo è riduttivo..) in un paese ufficialmente musulmano, a chiedere una chiave di riserva….

Cerco di guardare meglio, ma sono anche senza occhiali…mi sforzo e a qualche decina di metri vedo una barca simile a quella dove stavo cercando i vestiti…guardo meglio, la spiaggia è piena di barche simili!!! tutte sulla sabbia, ciascuno con una lunga corda a cui è legata l’ancora al largo…corro sulla riva alla ricerca della barca giusta e inciampo mille volte sulle corde ad altezza caviglia (ancora nudo e senza occhiali), finalmente trovo tutto! La corrente in acqua ci aveva spostato di parecchio a sud lungo la spiaggia e eravamo arrivati vicino alla barca sbagliata. Ora posso tirare un respiro di sollievo. Non devo farmi arrestare per atti osceni in luogo pubblico in stato di ebrezza (quale sarà la pena in malasya? la castrazione o peggio?).

Il giorno successivo purtroppo non sarà così divertente, pioverà praticamente tutto il giorno e in un’isola piuttosto piccola, quando piove non c’è molto da fare…l’umidità ti entra ovunque, anche quando stai all’interno dei bungalow (a meno che non ti fai congelare dall’aria condizionata). Attorno all’ora di pranzo, la pioggia diventa meno intensa, e approfittando della cosa, decidiamo di fare un’escursione a vedere i fondali con la barca dell’hotel. Così sotto una leggera pioggerellina, bagnati, ma comunque con temperatura alta, giriamo tra le Perhentian, dove in acqua vediamo pesci di tutti i colori e conchiglie dalle forme più insolite. Una mia amica, per farci vedere una strana conchiglia a punta, grande una decina di centimetri, cerca di portarla in superficie, forse mette un dito dentro dove ci sarà stato un grosso granchio e si ritrova con un taglio assurdo! torna in superficie che non si è ancora resa conta e grida “guardate che bella conchiglia” e mentre alza il braccio il sangue le cola addosso… io quasi svengo, invece lei prende una camicia e se l’arrotola sul dito e in qualche modo tampona la ferita, che però non si rimargina facilmente in acqua, quindi decidiamo di farci riportare a riva, tanto continuava a piovere e i colori del mare non erano più così entusiasmanti…

Le lucciole di Cherating

Dopo le isole Perhentian, il nostro programma prevedeva l’isola di Tioman, altro paradiso malese. In realtà la Malaysia di paradisi marini ne ha molti, ma, come la vicina Thailandia, per evitare le piogge monsoniche, è consigliabile rimanere nella costa est nel periodo della nostra estate e nella costa ovest durante il nostro inverno. Questa almeno al “teoria”.

Dopo l’esperienza precedente  alle Perhentian, in cui quasi non riuscivamo a trovare una camera libera, a Tioman cerchiamo di arrivarci con una prenotazione in tasca. Stavolta poi decidiamo pure di trattarci bene, prenotiamo due bellissimi bungalow vetrati sulla spiaggia al Berjaya Resort, uno dei più belli dell’isola.

Tioman è piuttosto lontano dalla Perhentian, quindi per arrivarci facciamo una tappa intermedia a Cherating, un noto centro per il surf (non che io sia capace a surfare, ma sembrava un posto carino). Arriviamo nel pomeriggio a Cherating, e prima di cena ci uniamo ad un tour per andare a vedere le lucciole (firefly). Pensavo ad una cagata tremenda, peggio della corazzata Potëmkin, invece si dimostrerà un’esperienza unica. Ci ritroviamo un una stanza con altre persone davanti alle spiegazioni di uno dei maggiori esperti mondiali dell’insetto in questione. Ci illustra le tecniche di corteggiamento del maschio, con una certa alternanza di pulsazioni luminose per attirare la femmina e tanti altri dettagli (che però, a causa del mio pessimo inglese, non coglierò appieno…). Poi si sale su delle barchette e si percorre un tratto del vicino fiume. E’ buio e non ci sono praticamente stelle, il fiume è nerissimo. Non so come, ma ad un certo punto lo studioso di lucciole, con una torcia riproduce la sequenza di luci della femmina (o del maschio, non ricordo) e all’improvviso, dai rami delle piante che costeggiano il fiume, iniziano a scendere centinaia di lucciole di sesso opposto e ci si avvicinano in maniera incredibile. Stupendo, mai vista una scena del genere. Davvero le lucciola hanno riposto ai richiami e ci si sono posate sulle mani!

Per cena si va al locale night market a mangiare più o meno schifezze e quindi in giro per negozietti per un minimo di shopping e poi a rilassarci a bordo piscina in hotel per qualche birra.

Il giorno successivo totale relax al mare, quindi spostamento a Mersing per andare un paio di giorni a Tioman.

Tioman

L’isola è piuttosto grande e lontana dalla costa, quindi stavolta la traversata necessita di un aliscafo (si sta al coperto con un’aria condizionata che ibernerebbe un mammuth) e dopo un paio d’ore siamo sul molo di sbarco. Qua ci attende una specie di trenino per portarci al resort prenotato, distante un paio di chilometri circa. Attrarversiamo un piccolo villaggio subito usciti dalla zona porto, quindi una ripida salita e infine la discesa che entra direttamente nell’area privata del Berjaya. Il resort è molto bello, tutti bungalow e costruzioni basse sparse su un ampio giardino verso il mare, i nostri bungalow hanno la camera vetrata a pochi metri dal mare. Uno spettacolo anche le aree comuni. C’è una palestra attrezzatissima davanti il mare (dove ovviamente non ho neanche messo piede), bei ristoranti, una spa da favola e soprattutto fantastici bar in piscina con il bancone direttamente in acqua. Seduti su sgabelli di pietra, immersi fino alla vita non saprei dire quanti cocktail ci siamo fatti!

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Non è difficile passarci qualche giorno senza annoiarsi, anche perchè sono numerose le attività che organizzano. Noi proveremo solo la gita in barca e qualche massaggio. In barca per quanto non ci si allontani tanto dalla costa, basta immergersi un po’ per vedere uno spettacolo incredibile di colori e specie animali, dalle tartarughe agli squaletti di barriera, ai pesci di ogni colore!

I massaggi sono invece nella spa dell’hotel. Tutto molto curato. Prima tisana allo zenzero con musica rilassante, poi una doccia e infine mi fanno indossare delle ridicole mutande di carta, per passare poi in un ambiente riservato per il massaggio. Massaggio così rilassante, che dopo un tempo che non saprei quantificare, vengo svegliato dalla ragazza che mi bussa sulla spalla e mi sussurra “Sir, the massage is finished…”

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In una delle giornata successive attraverseremo a piedi l’isola che al centro è coperta di una fitta giungla. C’è un sentiero ben segnalato che porta alle spiagge della parte opposta, passando in mezzo ad una vegetazione mai vista. Tutte le piante che noi teniamo come decorazione in casa, qua, nel loro ambiente naturale sembra abbiamo subito una mutazione genetica. Le foglie che in genere nei vivai italiani sono di una decina di centimetri, qua sono almeno di 1-2 metri…uno spettacolo, se non fosse per l’umidità al limite del sopportabile. Anche la cascatella che si trova a metà del percorso aiuta poco a superare la sensazione di perenne afa…e poi quando arriviamo nella spiaggia-destinazione, l’umidità aumenta, comincia a diluviare, e mentre aspettiamo che smetta, assumiamo altri liquidi, ma stavolta alcolici…

A proposito di alcolici, la Malaysia è un paese strano, ufficialmente musulmano e pertanto il consumo d’alcool sarebbe poco gradito. Ma questa regola sfuma molto andando da nord verso sud. Infatti mentre al nord (più vicino alla Thailandia) si nota un atteggiamento più “radicale” (nessun estremismo, per carità, ma quando è capitato di tirar fuori una bottiglietta di vodka sul tavolo di un bar all’aperto, siamo stati gentilmente invitati dalla proprietaria a far sparire quella cosa che non era gradita nella sua struttura), man mano che si scende verso sud, prevale il “vivi e lascia vivere”. A Tioman in particolare c’è anche una zona franca dove puoi comprare vino e alcolici a prezzi ridotti al duty free shop. Noi da barboni abbiamo quindi comprato bottiglie di vino in questo posto e portato di nascosto nella borsa di un’amica a cena al ristorante…(questo per evitare di pagare il vino cifre assurde, considerato il livello medio-alto del resortl Per tutta la cena, uno di vedetta come i lemuri del cartoon Madagascar, controllava se i camerieri ci stavano osservando e, all’ok, lei si abbassava un attivo con un bicchiere vuoto e si rialzava con il bicchiere pieno…neanche Silvan avrebbe fatto meglio!

Che poi non sarebbe stato vietato portare alcoli da fuori, ma andava comunicato al ristorante che poi ti applica una specie di tassa (forse per l’uso di bicchieri da vino o non so…), con nostro fare “disinvolto” e truffaldino, avremmo risparmiato una cifra ridicola, ma in quella situazione sembrava divertente. Ed effettivamente abbiamo riso con non mai in quelle serate.

Tioman

Singapore

E’ un vero peccato lasciare Tioman, a volte si sta così bene a non far niente. Bagni in un mare da sogno, aperitivi in riva al mare, relax e massaggi, colazioni e cene a buffet tra i più ricchi della storia, ecc..purtroppo però i giorni a disposizioni cominciano a volgere al termine, quindi era ora di tornare sulla terraferma e da qui di nuovo a sud verso Johor Baru per chiudere il percorso da anello del nostro tour malese. Per la strada, avvicinandoci a destinazione saliva l’ansia per la riconsegna del pullmino con un “piccolo” solco laterale sulla fiancata, frutto dell’uscita distratta dal parcheggio di Malacca dei primi giorni. Cerchiamo di rendere la cosa meno visibile possibile parcheggiando il pullmino con il lato danneggiato proprio attaccato ad un muro…teniamo il fiato sospeso durante il rapido controllo e…niente, ci lasciano andare con un “OK!” (probabilmente avremmo avuto un’assicurazione con copertura totale, non avevamo controllato tanto i documenti, al momento della stipula parlavano un inglese pessimo e veloce, dovevamo iniziare la vacanza, per leggerezza non siamo stati a sentire più di tanto. Qualunque copertura avessimo avuto, c’è andata bene, non è arrivato nessun addebito sulla carta di credito neanche in seguito..)

Da Johor Baru torniamo a Singapore in taxi, diretti all’hotel prenotato il giorno prima su booking, stavolta in zona centrale. L’hotel è bellissimo, camere grandi con tutti i confort, bella piscina e in posizione tale da raggiungere a piedi gran parte delle attrazioni della città, praticamente a ridosso del Clarke Quay, le rive del fiume che attraversa Singapore che nella parte vicina alla foce ha un’area piena di locali e ristoranti. Qui infatti, i vecchi magazzini della zona portuale sono stati recuperati e trasformati in negozi, ristoranti, bar…la strada centrale è stata quindi coperta in vetro e in questo grande spazio hanno iniziato a pompare aria condizionata, rendendo la frequentazione molto piacevole. Diversamente, al di fuori delle zone climatizzate (ad dir la verità sono tantissime) clima è pesante…. Mi ricordo che uscito in camicia dall’hotel, ho solamente la strada per andare al bancomat, e l’alta temperatura e l’altissimo tasso d’umidità mi hanno fatto iniziare a sudare all’istante e fatto aderire la camicia come una schifosa seconda pelle…

Inizialmente avremmo voluto prendere una camera al mitico Marina Bay Sands, l’hotel realizzato con 3 grattacieli uniti in sommità da una specie di barca, e dove, a quasi 200 metri d’altezza, c’è una delle piscine con bordo a sfioro più famose al mondo per la sensazione di cadere nel vuoto. Il prezzo non sembrava neanche esagerato in partenza, ma dopo che ci siamo abituati a spendere poche decine di euro per dormire (o a volte anche pochi euro), ci ha preso un’attacco di tirchieria…e quindi niente soggiorno nell’hotel da favola (non che quello scelto fosse brutto, ma il Marina Bay Sands deve essere un’altra cosa). Comunque, anche se non è stato possibile dormirci, una visita ce la siamo permessa. A pagamento è infatti possibile salire in cima (con un rapido ascensore) e rimanere confinati in una porzione della terrazza a bere qualcosa. Non è possibile entrare nella zona piscina se non sei cliente…peccato. La prossima volta non ci sono storie, Marina Bay Sands per almeno una notte, è una soddisfazione che mi devo togliere.

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Passiamo a Singapore altri due giorni. In uno andiamo nella zona dello shopping (Orchard Road) con il bus navetta gratuito dell’hotel, nel secondo a vedere Chinatown, Indian town e un paio di musei. Se di giorno fa caldissimo, la sera la situazione, per quanto di poco, migliora un po’. Questo c’ha permesso di godere al meglio di una città bellissima, di cenare all’aperto lungo il fiume e visitare un paio di sky bar (in particolare quello dello Swiss hotel, bar su due livelli vetrato a 360 gradi da cui si domina Singapore). La città è estremamente tranquilla e sicura a qualunque ora, piena d’opere d’arte, con attrazioni famosissime. E’ una città-Stato piccolissima, ma c’è comunque quasi di tutto. Anche belle spiagge nella parte sud della città. Peccato il clima un po’ “afosetto”, ma non si può voler tutto. Sicuramente una città asiatica con standard europoei (come Shanghai, ma secondo me più bella e più a misura d’uomo). Tutto eccezionalmente pulito e apparentemente funzionante. Dico apparentemente perché non so se poi a Singapore si applicano le sanzioni per violazioni di regole per cui la città è famosa. Esempio, non mi è mai capitato di esser multato per aver attraversato la strada fuori delle apposite strisce, non ho mai visto sanzionare qualcuno se gettava qualcosa a terra…boh? magari con i turisti chiudono un occhio? mah, non saprei…

Certo che tra tutte, la regola più strane è quella che vieta di portare il durian in metropolitana o in camera d’albergo… Per chi non lo conoscesse, il durian è un frutto poco più piccolo del cocomero, bislungo, bitorzoluto, definito da qualcuno come il “re dei frutti”, con dei grandi semi all’interno ricoperti da una specie di crema. Così decritto sembrerebbe una delizia, se non fosse che l’odore e, ancor più il sapore, oscilla tra il “top” di chi lo adora, fino a quello dell’immondizia, della carne in putrefazione, dell’acqua di fogna, ecc. di chi, come me, non lo sopporta neanche da lontano..

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